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Il “sand dragging” (o “sand drag racing”) è una specialità della drag race: come suggerisce il nome si tratta di una gara di accelerazione su sabbia (o terra) disputata sulla distanza di sole cento yarde ed utilizza un Chrystmas Tree in genere semplificato o regolato sulla Pro-start con un breve preavviso prima del verde di GO!

La prima notizia di una simile competizione fu data da Tex Smith sulle pagine di ROD & CUSTOM (Marzo 1967) ed il commento iniziale non era certamente benevolo: Tex, “divorato dalla curiosità”, rimase tre giorni nel Sud-Est della California, per assistere alla prima edizione delle “Fall Sand Drags” organizzate dallo Hemet Jeep Club.

Il sito prescelto dagli Organizzatori una distesa di dune lunga 35 miglia e larga cinque, situata nelle vicinanze della cittadina sede del Club: la manifestazione un festival delle quattro ruote motrici aperto a molte specialità, tutte rigorosamente fuoristrada.

Si deve subito precisare che, nonostante l’entusiastica descrizione di ciò che era avvenuto nell’autunno del 1966, il sand dragging non è risultato, nei successivi decenni, una disciplina diffusa e popolare quanto lo è stato, ad esempio, il drag boating (accelerazione in acqua), ma va anche detto che è, comunque, praticata in molti Stati, ove le condizioni orografiche lo consentono.

La principale difficoltà del sand-dragging si manifesta alla partenza, ovviamente per colpa del tipo di superficie. La sabbia (con il fango) è uno dei terreni più insidiosi per la trazione di un veicolo a motore e l’obbiettivo di accelerare si potrebbe definire “incompatibile” con la superficie stessa.

Per questa serie di ben note difficoltà i racers di allora affrontarono empiricamente il problema con due tipi di soluzione, in pratica diametralmente opposte: la trazione su quattro ruote e l’applicazione di pneumatici particolari su veicoli già preparati per l’accelerazione su asfalto.

Attingendo ai veicoli da cantiere ed alle loro speciali esigenze, i dragsters furono dotati di cerchi da 12” e pneumatici “palettati” che presumibilmente avrebbero dovuto assicurare maggior presa, mentre dune-buggies, Jeeps e Toyota Land Cruiser montavano i loro abituali battistrada scolpiti. Ciò che si verificò, dopo una dozzina di partenze, l’inderogabile esigenza di procedere al livellamento della starting-zone dove si era creato un fosso profondo almeno mezzo metro, dal quale i Concorrenti si rifiutavano di partire. Le successive esperienze con pneumatici accoppiati (sia sui dragsters che sui dune-buggies, ma anche su alcune jeeps) non permisero la soluzione definitiva: questa fu trovata (quasi subito) nell’ adozione di un escavatore che procedeva al livellamento dei primi venti metri di persorso ad intervalli regolari. In seguito a questa procedura la regolamentazione prevedeva la possibilità che i veicoli “partiti in condizioni disagiate” potessero ripetere il “run”.

Con il passare del tempo un altro problema iniziò ad affliggere i mezzi impegnati nel sand-dragging. La sabbia finissima sollevata dalle brutali partenze è una specie di spray incontrollabile, diffuso ovunque nell’aria e ovunque (casualmente) si deposita o si infiltra: molti dune-buggies (water- od air-cooled) avevano già sperimentato l’adozione di generosi filtri dell’aria sempre adottati sui veicoli da cantiere, per scongiurare i danni provocati dalle invisibili particelle infiltrate nelle sedi delle valvole, tra camicia del cilindro e parete del pistone, pompe dell’olio e così via. Per un certo periodo di tempo il veicolo impegnato nel sand-dragging era caratterizzato dalla visibilissima presenza di filtri dell’aria multipli o surdimensionati.

L’evoluzione del sand dragging ha visto nascere e declinare un gran numero di Organizzazioni, quasi sempre limitate territorialmente a bacini di utenza piuttosto limitati, ma è innegabile che la sua diffusione abbia toccato un pò tutti gli Stati d’America. La più nota è attualmente la American Sand Drag Association.

I veicoli impegnati in questa disciplina si possono descrivere come adattamenti delle drag-cars di tutti i tipi alle esigenze dettate da un terreno di gara così particolare che, comunque, non è più sabbia, almeno nella stragrande maggioranza delle strips attualmente operative. La superficie più diffusa è la terra “smossa” anche se la specialità continua a mantenere la vecchia denominazione.

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Un “Quad” impegnato su una strip in terra. E’ il primo gradino per sperimentare la specialità.

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Un tradizionale fuoristrada (carrozzeria anche “replica” di una Jeep) adattato con numerose modifiche.

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L’architettura delle “Altered” tradizionalmente impiegate nella drag-race su asfalto è forse quella migliore per affrontare il sand-dragging.

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Esattamente come accadeva quarant’anni fa, c’è chi non è disposto a rinunciare al top-fuel.

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Questi sono due “water-pumped buggies” autocostruiti: i primi esemplari adottavano telai perimetrali simili a quelli della Ford T ed A ed erano meno sofisticati. Notare che il veicolo in primo piano dispone addirittura di quattro posti per l’impiego “turistico”.

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Veduta aerea di una strip per il sand-dragging, ricavata in una radura.

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