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Street-rodding è l’insieme di attività che un hot rodder pratica su strada aperta al traffico con il proprio hot rod, evidentemente “streetable”, ovvero adatto ad essere guidato su strada.

Alle origini la possibilità di guidare un veicolo modificato non poneva problemi di alcun tipo perchè “tutti” i veicoli a motore rappresentavano un’eccezione rispetto ai trasporti usuali; nel periodo che parte dalla fine della Prima Guerra Mondiale per arrivare alla fine della Seconda Guerra Mondiale le legislazioni Statali e Nazionali (degli U.S.A.) iniziarono a regolamentare alcune caratteristiche dei veicoli a motore, quali gli ingombri e le misure di sicurezza, scoppiate a livello di caso internazionale dopo il 1965, con la pubblicazione del famoso testo di Ralph Nader “Unsafe At Any Speed”.

In linea generale la Legislazione americana ammette che un veicolo sia “assemblato” utilizzando parti riconosciute come “disponibili al grande pubblico” ed originariamente prodotte da una Fabbrica di automobili o, comunque, da un’Azienda specializzata: questa parificazione tra la Grande di Detroit ed il Produttore di “aftermarket” (ricambi sostitutivi di quello originale) ha permesso la nascita, sviluppo e diffusione di un settore industriale e commerciale del tutto inesistente in Europa: negli U.S.A. si parla, a proposito di questo comparto economico, di oltre seimila Aziende, di tre milioni di occupati e di un giro d’affari superiore ai 250 miliardi di dollari l’anno.

Grazie a questa apertura legislativa (si veda il volumetto “The Complete 50 State Guidebook to Kit Car and Street Rod Registration”) il Department of Transposrtation (D.o.T. o DOT) generalmente richiede che le componenti del veicolo risultino acquistate da un “Produttore” e richiede la semplice esibizione di relativa fattura o ricevuta di pagamento.

Questo è il motivo per cui si può parlare di “street-rodding” e si ammette che sulla Main Street del paesino di provincia o sulle highwais interstatali circolino hot rods, custom cars e muscle cars, tutti veicoli in varia misura modificati ma regolarmente immatricolati e targati.

Nonostante gli hot rods “non siano comuni come i taxi”, la stragrande maggioranza di questi veicoli è “daily driven” (quotidianamente guidata) e la prima forma di street rodding è, appunto, il giornaliero utilizzo per gli scopi più comuni: trasferimento sul luogo di lavoro, a scuola, al supermercato e così via.

Chi costruisce (to build) uno “street rod” ama una carrozzeria, un motore, un telaio, ma ritiene che tutto ciò che è stato assemblato a Detroit attorno a quel complessivo non sia “completamente” adatto alle sue esigenze di trasporto: strumentazione inadeguata, carburatore dalla portata troppo limitata, bagagliaio scarsamente rifinito, cambio non adatto al percorso abituale o, molto più semplicemente, “tutto troppo anonimo”. Le soluzioni sono innumerevoli quanto gli individui che le hanno messe in pratica ma anche suscettibili di “upgrades” (aggiornamenti) che si protraggono nel tempo e possono anche cambiare durante la vita del proprietario e del veicolo.

Lo hot rodder è un essere caratterizzato da una socialità intensa, per cui l’incontro con altri “individui della stessa specie” provoca la creazione di gruppi uniti dal comune obbiettivo (i Clubs), che può spaziare dal raduno estemporaneo del sabato sera fino al trasferimento organizzato di tutto punto fino alle Niagara Falls od al Gran Canyon.

Le tendenze attuali degli street rodders si articolano principalmente in due tipi di attività: il “cruising” cittadino e le grandi “cruises”. Il primo è nato praticamente con la nascita dei primi hot rods, ma si è diffuso epidemicamente verso la fine degli anni sessanta: è il semplice vai-e-vieni lungo una strada frequentata ed ha lo scopo di esibire, a competenti e non, il frutto del proprio ingegno: verniciature, interni, motorizzazioni, assetti, elaborazioni, accessori, procedendo a bassa velocità, in teoria nel pieno rispetto per le norme di circolazione, in pratica provocando spesso intasamenti che hanno spinto più di una Amministrazione a proibire questa attività in certe zone, durante certe ore od in certi giorni della settimana.

Le grandi “cruises” (crociere) sono state precedute da gite sociali organizzate dai primi Clubs di street rodders: avevano mete limitate alla vicina Contea e si svolgevano durante i week-ends, ma erano talmente ben organizzate da comprendere autorizzazione e scorta dei Comandi di Polizia. Nel 1972 la rivista CAR CRAFT lanciò una sfida a tutti i lettori (maggioranza di street rodders, è quasi inutile la precisazione) proponendo un punto di incontro (Memphis, Tennessee) da raggiunere obbligatoriamente su strada e con i propri mezzi per conoscere di persona lo staff della rivista. I contemporanei e connazionali possessori di “americane”, molto spesso tormentati da dubbi sulla tenuta del loro gioiello, saranno stupiti: migliaia di miglia percorse da ciascuna delle trecento (per la verità un poco meno) vetture nonostante le peripezie incontrate. L’iniziativa ebbe un tale successo che nel giro di qualche anno CAR CRAFT fu obbligata a limitare le iscrizioni adottando la politica del numero chiuso.

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